google.com, pub-1908550161261587, DIRECT, f08c47fec0942fa0 Pensieri sparsi: dicembre 2010

lunedì 20 dicembre 2010

Cos'è la sicurezza?

Cancelli, antifurti, cani da guardia, ronde, polizia, telecamere non bastano. Perché?
Molti se lo chiedono e tanti cercano una risposta.
Alla base della “sicurezza” ci sono i sentimenti.
E' il sentimento che determina le nostre azioni e che prevale sulla razionalità.

Nell'articolo pubblicato oggi sul quotidiano locale, leggo che è necessario il “patto dei vicini” per fermare la delinquenza. L’articolo è interessante e, in effetti, penso che abbia anche ragione. Un "patto" fra vicini potrebbe essere una delle migliori risposte che mi sembra siano state date sinora. Questo articolo però mi fa scaturire alcune domande a cui cercherò di dare una risposta e, se si vuole, anche cercare di realizzare concretamente.

Come si fa a creare un “patto” tra vicini di casa?
Con la “coesione sociale”.

E cosa può essere la “coesione sociale”?
La “coesione sociale” è partecipare attivamente insieme alla vita pubblica.
La “coesione sociale” è godere di un equo accesso ai beni e servizi pubblici e ad una equa distribuzione del reddito e della ricchezza.
La “coesione sociale” è saper riconoscere e tollerare le differenze.
Alcune cose dipendono da noi stessi, altre no.
Nessuno potrà mai creare la fiducia e la sicurezza partendo dal nulla.

Ci sono situazione e  fenomeni che incidono sulle nostre condizioni di vita, sul nostro “stile di vita”: le cause possono essere la perdita o la violazione di un diritto o di un interesse legittimo.
Anche la struttura e la composizione della società, i mutamenti sociali e demografici, i media (TV, giornali, internet, ecc.) possono distruggere la fiducia e generare la paura, ma possono anche creare l'effetto contrario.
La sensazione di maggiore o minore "sicurezza" è collegata alla possibilità che abbiamo di progredire e di realizzare il pieno sviluppo, raggiungendo il nostro benessere quotidiano.
La sicurezza dipende anche all'azione pubblica (del governo centrale, dei governi locali e le politiche di sicurezza e di prevenzione) e da quella privata che può allargare o comprimere i nostri diritti e i nostri interessi legittimi.

Se vediamo che vengono palesemente compiute ingiustizie, non avremo nella nostra anima il sentimento della giustizia ed avere quella fiducia che, di conseguenza, ci può far sentire sicuri.
Se abbiamo la percezione di non poter tutelare i nostri diritti e di non poter soddisfare i propri bisogni il nostro animo viene privato di sicurezza.
Tutte le minacce legate alla sicurezza influiscono negativamente sui nostri sentimenti.
La creazione di opportunità o la soddisfazione dei bisogni crea la “coesione sociale”.

Sono sostanzialmente tre gli ambiti dove si concretizza il sentimento di “sicurezza”: i luoghi dove viviamo (qualificazione degli spazi, qualità degli ambienti pubblici e privati, servizi, manutenzione...), le relazioni sociali  (politiche di prevenzione e di inclusione, rafforzamento delle reti...), i rapporti con le amministrazioni pubbliche e private (creazione di opportunità, fornitura di servizi...)

Con il deperimento e la perdita della coesione sociale, che è costituita da reti di fiducia, di solidarietà e di partecipazione si genera l'insicurezza.
Per creare la "sicurezza" le persone devono condividere un sentimento d’appartenenza, di inclusione e di partecipazione alla vita sociale.
La partecipazione presuppone però dei “sacrifici”, come - ad esempio - il saper comprendere e tollerare chi non la pensa come noi.




da “la provincia Pavese” del 20 dicembre 2010
San Genesio. Il patto dei vicini per fermare i ladri
Non bastano cani, allarmi, inferriate. Può servire lo sguardo di chi sta dall'altra parte della siepe.
SAN GENESIO. Ladri, un incubo, scatta il patto dei vicini di casa. Non bastano cani, allarmi, inferriate. Può servire lo sguardo di chi sta dall'altra parte della siepe. In poco più di un mese una ventina di furti (e tentati furti), divisi per tre-quattro paesi (Borgarello, Certosa, San Genesio).
Via Di Vittorio, a San Genesio, partecipa con tre colpi andati a segno e altrettanti tentativi. I ladri, come è accaduto nei quartieri di Pavia (san Pietro, Pavia Ovest, Vallone) arrivano a ondate. Prendono di mira una zona e la passano con sistematica impudenza. E' successo in via di Vittorio, villette a schiera. Ordinate e molte con gli addobbi natalizi. Quartiere tranquillo. Appettibile, per i ladri. «Sono arrivati sempre alla stessa ora, poco dopo le 18» precisa uno dei derubati della zona. «Vero, da me sono arrivati alle 18,10 - aggiunge Marco Bonato, un altro dei visitati di Via Di Vittorio - Casa vuota. L'allarme è suonato. Mia moglie è tornata e forse li ha spinti a scappare». C'era anche un cane nel giardino della villetta. I cani non abbaiano quando arrivano i ladri? Gira una voce che li narcotizzino. «Ma no, il mio poverino ha abbaiato eccome. Lo hanno anche sentito - aggiunge il signor Bonato - poi i ladri hanno cercato di tramortirlo. Gli hanno tirato in testa un vaso. A quel punto la bestiola spaventata si è nascosta». Senza pietà. Altro che spray per narcotizzare, colpi di vaso in testa. A casa dei Bonato i ladri sono arrivati al primo piano. Con un calcio hanno sfondato la portafinestra e hanno perquisito la stanza fino al momento di essere messi in fuga dal rientro della proprietaria. Copione simile nelle altre abitazioni assaltate. Sempre alla stessa ora, poco dopo il tramonto. Ma come fanno a colpire sapendo che la villetta è vuota?
«In paese - racconta un altro derubato nei mesi scorsi del paese - hanno visto una Bmw che andava avanti e indietro. Qui ci si conosce tutti. Proviamo a difenderci guardando meglio a cosa accade». Ecco così il patto dei vicini. In via Di Vittorio un allarme che suona non è più per un guasto, è meglio verificare subito.
Se un cane abbaia più forte del solito, è meglio gettare un occhio. Intanto allarmi più sofisticati e inferriate più solide (ma in un caso le hanno scardinate). Costano 1500 euro per portafinestra da proteggere. Presto fatto il conto. In una villetta per chiudere quattro ingressi servono 6mila euro. Senza contare le finestre. Anche i sistemi d'allarme sembrano non essere più sufficienti. In effetti, almeno a San Genesio, i ladri hanno continuato ad agire nonostante la sirena suonasse. Quello che fa la differenza è qualcuno che vada a controllare perchè l'allarme del vicino è scattato. A questo serve il patto dei vicini, a darsi una mano.
(Fabrizio Guerrini)

venerdì 10 dicembre 2010

Musica classica in San Michele Arcangelo

Domenica scorsa, 5 dicembre, nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo a Torre del Mangano (Certosa di Pavia) il Collegio Musicale Italiano, ensemble musicale diretta dal M. Adriano Gaglianello, ha fatto vivere le note di Mozart, di Albinoni e di Caldara. Il programma della serata prevedeva solo componimenti sacri dei tre autori.

Il filo conduttore della serata è stato incentrato sull'influenza che la musica italiana, e in particolare quella di Antonio Caldara (Venezia 1670 - Vienna 1736), ha determinato sullo stile musicale austriaco e sul repertorio sacro di W. A. Mozart (1756-1791).

Antonio Caldara fu un compositore molto prolifico: circa 3500 opere musicali per il teatro, oratori, pezzi sacri e scritture cameristiche. Lavorò prima alla corte dell'ultimo Duca di Mantova, poi a Barcellona da Re Carlo III (poi diventato imperatore), a Roma maestro di cappella del principe Ruspoli (dove conobbe Händel e la famiglia Scarlatti), ed infine a Vienna dove fu la personalità più ricca attiva nelle prime decadi del Settecento. Fu Caldara a terminare il periodo di supremazia italiana (e veneta) nel teatro musicale barocco.

A Vienna, dove trascorse il resto della sua vita sino alla morte, che dette prova di una grande vena creativa. Compose per l'arcivescovo di Salisburgo opere teatrali in ogni anno dal 1716 al 1726. Questi lavori hanno la caratteristica di essere pezzi sempre nuovi, non erano semplici accomodamenti di lavori già rappresentati in precedenza a Vienna. Questo enorme impegno compositivo non sfuggì alle attenzioni di Mozart che, come ebbe a scrive anche in alcune lettere, dimostra un particolare interesse per le novità che Caldara aveva introdotto. Il compositore veneziano infatti innovò lo stile contrappuntistico con temi ispirati a Corelli e Pergolesi e arie e cantate popolari.

Caldara accentra l’importanza dell'orchestra, presente sia in ritornelli strumentali, in sé conclusi, sia nella sinfonia d'apertura che si caratterizzano spesso con la presenza di brani di recitativo strumentale espressi da strumenti solisti, seguendo il gusto molto amato a Venezia. L'influenza che il compositore veneto ha determinato nel panorama musicale austriaco, la si ritrova nelle opere sacre di Mozart, nelle quali si possono ascoltare alcune vere e proprie citazioni delle opere del Caldara.

Il grande patrimonio musicale che ci ha lasciato si compone di una grande quantità di opere di vario genere: melodrammi, serenate, feste teatrali, componimenti da camera, oratori sacri. Circa 50 messe, un numero imprecisato di mottetti (almeno 200), cantate sacre e circa 300 cantate profane a voce sola e continuo. Numerose cantate a 2 voci; circa 500 canoni; oltre 40 madrigali; musica strumentale varia. 2 libri di Divertimenti musicali per campagna, Septetto per archi; 6 quartetti; 4 volumi di composizioni per clavicembalo, 23 fughe con variazione, Capriccio, Arpeggio, Proba organistica; 8 sonate per violino e basso; 7 sonate a 3 per 2 violini e basso, 2 anche con clarini.


La musica ed il canto corale, in un contesto così particolare, crea una dimensione nuova ai luoghi. 

L'atmosfera che si è creata domenica sera in chiesa era densa di una spiritualità, molto intensa e coinvolgente, che non si trova nelle sale da concerto. E' veramente un peccato che, forse a causa della nevicata, non ci sia stata una maggiore partecipazione di pubblico. A Certosa di Pavia non capita spesso di assistere a rappresentazioni simili e, personalmente, spero che si possa ripresentare, in futuro una simile opportunità.


Il programma della serata

W. A. Mozart - Missa in Do KV65
a quattro voci, due violini e basso continuo

A. Albinoni - Magnificat
per soli cori, due violini e basso continuo 

A. Caldara - Missa in Sol maggiore
a quattro voci, due violini e basso continuo

W. A. Mozart - Litaniae Lauretanae KV109
a quattro voci, due violini e basso continuo


il Collegio Musicale Italiano

Soprani: Teresa Nesci, Laura Lanfranchi


Contralti: Sabrina Pecchenino, Annalisa Mazzoni, Monica Ninghetto

Tenori: Massimo Lombardi, Alessandro Baudino, Claudio Poggi

Bassi: Dario Previato, Marco Milanesio

Violini: Mauro Massa, Liliana Mijatovich

Violoncello: Marco Angilella

Organo: Andrea Banaudi

Direttore:Adriano Gaglianello

sabato 4 dicembre 2010

Gian Galeazzo e il mistero nella Certosa di Pavia

In questi ultimi tempi si è fatto un gran parlare della Certosa di Pavia. Ormai sembra un fiume in piena, almeno sulle colonne dei quotidiani. Leggendo le notizie sui giornali si scopre che sono tanti gli estimatori della storia pavese, fonte prolifica di notizie e curiosità.
Come annotavo nel post precedente, con l'articolo di Giorgio Boatti del 28 novembre 2010 si dimostra che la nostra realtà odierna è il frutto delle intricate vicende accadute in passato.
In tutte le epoche storiche, inevitabilmente, si trovano misteri e segreti che, forse, non verranno mai svelati. In questo post raccolgo il contributo di un appassionato lettore che, stimolato dalla lettura del citato articolo di Giorgio Boatti sulla Provicia Pavese, prende spunto per scrivere una interessante lettera al quotidiano proprio in merito ad un intricato enigma. La storia si fa intrigante e si potranno, in futuro, aggiungere altri particolari a questi misteri.


Il "biscione" visconteo

Giancarlo Mainardi (Pavia) alla Provincia Pavese del 2 dicembre 2010

E’ LUI O NON E’ LUI?

Assai interessante l’articolo di Giorgio Boatti sulla nostra Certosa e sul Gian Galeazzo Duca di Milano e Signore di Pavia. Come è risaputo, la storia è fatta anche di contro storia, ossia di fatti secretati al momento, nascosti dietro un paravento, e riemersi parecchi decenni o secoli dopo gli accadimenti. Così le cronache ci raccontano che Gian Galeazzo si rifugiò nel castello di Melegnano per sfuggire al contagio della peste, ma malgrado le diverse cure vi morì nel settembre 1402. La salma era ormai infetta e per prudenza le esequie si celebrarono nel Duomo di Milano con il corpo assente. La paura era molta, e pregare davanti ad una salma appestata, e altresì scoperta come si usava all’epoca, venne giudicata cosa pericolosa per i fedeli e soprattutto per i nobili colleghi venuti da ogni dove.  E da qui in avanti la storia assume l’aspetto di un gossip poiché da appunti segreti di un paio di monaci, poi ripresi dagli storici pavesi Bernardino Corio e Giacinto Romano, pare che la salma del Duca venne cremata nascostamente e nella ricca bara in legno e bronzo venne posta una salma non infetta di uno sconosciuto pavese morto in quei giorni. Pochissimi erano a conoscenza del segreto e la bara ormai sigillata venne traslata per poco tempo in San Pietro in Ciel d’Oro per poi essere tumulata nello splendido sepolcro in marmo della Certosa.  E allora è lui o non è lui? Non si sa... Se diamo credito agli appunti dei monaci viventi all’epoca, non è lui, ma anche così fosse, credo che ormai non importi più a nessuno. Seguo ancora il pensiero di Boatti sulla biblioteca viscontea e su un eventuale progetto di digitalizzazione. Splendida idea, dopo due secoli potremmo riavere almeno in immagine quel tesoro del sapere che Napoleone ci rubò nel 1796. Da quella predazione si salvò un solo volume: un Virgilio annotato di mano dal Petrarca, casualmente depositato in casa di un pavese, Messer Fulvio Orsino, e poi comprato dal Cardinale Borromeo e affidato alla Biblioteca Ambrosiana. Il destino del volume probabilmente era sfortunato, ripredato da Napoleone finì alla Biblioteca Nazionale di Parigi dove la preziosa legatura in velluto e argento venne sostituita da un’altra in pelle azzurra con una grande N sul fronte. Dopo serrati contatti diplomatici ci venne restituito solo nel 1815 ed oggi è ancora visibile all’Ambrosiana. Per il resto della biblioteca invece i francesi hanno sempre risposto che «si tratta di preda di guerra e... pertanto ce li teniamo». Beh, vive la france... In minuscolo, naturalmente.