google.com, pub-1908550161261587, DIRECT, f08c47fec0942fa0 Pensieri sparsi: 2013

domenica 24 novembre 2013

Bellezza funebre alla Certosa di Pavia

La bellezza della Certosa di Pavia fonda le proprie radici in una speculazione, anche edilizia.

Galeazzo Visconti, secondo di questo nome e primo principe pavese, costruì il proprio impero a Pavia suo malgrado, essendo stato esiliato dai suoi parenti milanesi.

Il completamento del castello di Pavia con il suo Parco fu il coronamento realizzato dal figlio Gian Galeazzo alle proprie mire di potere e che, per la propria effimera vanagloria, sconvolse anche le campagne a nord del suo feudo.

Espropriò migliaia di ettari per costruire il suo il giardino di casa con il personale tempio funebre.
Dal Castello di Pavia alla sua Certosa tutto fu coattivamente piegato sotto il proprio capriccio, con spregio delle regole e della morale, con litri di sangue versato a causa dell'uccisione di chi si opponeva ai voleri del principe.

Cosa resta oggi di tutto ciò?
Un magnifico ed un po' tetro mausoleo eretto alla gloria di chi forse non ha acquisito, con le proprie azioni terrene, i meriti di ascendere - direttamente - al paradiso.

O forse si. Il principe aveva il titolo di Conte di Virtù.

Chi siamo noi per giudicare, anche se la sua "virtù" non era certo quella teologale?



Su un orizzonte locale tutt’altro che prodigo di buone notizie vedere all’opera, per fronteggiare il lungo declino della Certosa di Pavia, diversi parlamentari, esponenti delle istituzioni locali, associazioni e voci della vita culturale e politica, è un dato sicuramente positivo.

I sintomi di decadenza del monumento si stanno aggravando in maniera tale da rendere non più procrastinabile un intervento e, proprio per proporre azioni opportune, sul dossier dedicato al monumento stanno intervenendo coloro che ne hanno a cuore il futuro e il destino.
A questo punto sembra possa ripetersi un copione analogo a quello che va in scena al capezzale di Pinocchio, quando la Fata Turchina chiede l’intervento di tre medici illustri – il Corvo, la Civetta e il Grillo Parlante – che ancora prima di cimentarsi su una diagnosi già si contrappongono.
Ricordate su cosa? Sul fatto che il burattino sia vivo o sia morto. Per il Corvo Pinocchio “ E’ bell’è morto…ma se per disgrazia non fosse morto allora sarebbe sicuro indizio che è sempre vivo”.
Di parere contrario la Civetta alla quale il monumento, pardon il burattino, pare ancora vivo “Ma se non lo fosse allora sarebbe segno che è morto davvero”.
A questo punto non può che intervenire il Grillo Parlante che, questo è il suo compito, cerca di dare voce al buon senso: “Quando non si sa quello che si dice, la miglior cosa che si possa fare è stare zitti”. E poi, quasi tra sé e sé, aggiunge che quel malato non gli è nuovo: “Io lo conosco da un pezzo”.
Sì, in effetti, la Certosa i pavesi la conoscono da un pezzo e ben prima che sui suoi acciacchi venisse convocato quell’organismo, la cui efficacia si spera posso essere proporzionale alla lunghezza e solennità della denominazione che si è data (Tavolo permanente per la conservazione, valorizzazione e promozione della Certosa), composto da tutte le istituzioni coinvolte quanto a competenza e a gestione.
Con la Certosa i pavesi hanno a che fare da oltre sei secoli. Forse di questo non facile rapporto sarà bene tener conto, almeno nel definire quale Certosa vogliamo ci accompagni nel futuro.
I “medici” giunti al cappezzale del Certosa si sono divisi su quantità di stanziamenti necessari a tamponare il degrado degli ambienti e sulle modalità di accesso dei visitatori, sugli scenari di marketing turistico per aumentarne il peso sul mercato turistico regionale (o addirittura nazionale) e sul ruolo del Pubblico e dell’eventuale iniziativa privata nella valorizzazione degli asset che stanno accanto al monumento. Tutti elementi importanti con cui è necessario fare i conti ma, tuttavia, si ha l’impressione che non ci si sia soffermati sulla premessa fondamentale: ovvero definire quale idea di Certosa si vuole fare propria, in quanto parte del “genius loci” di questa comunità. Su questa premessa sarebbe bene fare chiarezza prima di pensare a come collocare la Certosa come “prodotto” sul mercato turistico.
Il “genius loci” prevalente della Certosa pavese non è, perlomeno oggi, quello di luogo di spiritualità con tradizioni pari, ad esempio, a Subiaco o Camaldoli, Serra San Bruno o la ricostruita Montecassino.
La Certosa nata come monumento funebre dei Visconti è, pur nella commovente bellezza del monumento, la sintesi dell’assoluto dominio e dell’altera contrapposizione dei Signori del biscione alla città e al mondo circostante.
La Certosa – e forse questo potrebbe essere l’ulteriore filone narrativo offerto ai visitatori assieme a un’accurata riproduzione della quotidianità monastica quale quella proposta ad esempio a chi arriva al museo certosino di Serra San Bruno – è un sogno algido e di vertiginosa superbia sposato alla malattia del mattone di cui i Visconti erano portatori (a cominciare dal Castello di Pavia fatto erigere dal padre di Galeazzo in pochissimi anni a suon di impiccagioni di capomastri e di terrorizzanti corvée imposte alla popolazione).
Ovunque mettevano mano i Visconti riuscivano a imprimere un mortifero senso di possesso, di dominio, di morte che teneva distante la vita e raggelava la bellezza. Perfino la preghiera – in quelle celle e in quelle chiese, in quei chiostri e quei cori eretti coi soldi del Visconti – pareva doversi arrendere, prigioniera di una morsa che serrava, e serra, il cuore.

Come fare i conti con questo oneroso “genius loci” non lo so. Però penso che sia un tema degno di confronto prima di passare ai business plan, ai progetti di intervento e di valorizzazione, ai piani di rilancio turistico. Come riuscire a dare vita e ad avvicinare la Certosa – quella viscontea e monumentale certo, ma anche quella dei chiostri e delle celle di una comunità monastica, sì di clausura ma dentro il nostro tempo – ai bisogni dei nostri giorni è una domanda rilevante. Almeno per chi non la considera un reperto, pur prezioso, da collocare sul mercato.

di Giorgio Boatti (Diritto & Rovescio del 24 novembre 2013)

sabato 2 novembre 2013

Olivetti e il Movimento

«All'alba di un mondo che speravamo nuovo, in un tempo difficile e duro, molte illusioni sono cadute, molte occasioni sfuggite perché i nostri legislatori hanno guardato al passato e hanno mancato di coerenza o di coraggio. L’Italia procede ancora nel compromesso, nei vecchi sistemi del trasformismo politico, del potere burocratico, delle grandi promesse e delle modeste realizzazioni. Riconosciamo francamente una mancanza di idee, una carenza di uomini, una crisi di partiti».

Questo è l’incipit di "Democrazia senza partiti" di Adriano Olivetti (1949, Edizioni di Comunità).

Oggi i partiti sono entità ingombranti. Hanno perso tutti i valori che avevano le potenti organizzazioni ideologiche che elaboravano linguaggi e visioni del mondo, che imponevano con successo interminabili discussioni sulle formule politiche, la «programmazione democratica», il «compromesso storico» o la «terza fase». I partiti oggi non sono più pilotati da oligarchie ben strutturate, ma sono diventati «partiti personali», aggregazioni dai nomi incerti.

Gli scritti di Olivetti si scagliavano con energia contro i robusti «partiti organizzativi di massa», nati nell'ottocento con il socialismo tedesco. Olivetti riscopriva le riserve sui partiti politici di Rosmini, di Gioberti, di Minghetti e di Piero Gobetti, che in tempi diversi avevano denunciato la tendenza di queste entità politiche a favorire gli amici, a ingerirsi nella vita pubblica, ad opprimere gli avversari, a condizionare la giustizia.

Simone Weil, filosofa pacifista e mistica in "Appunti per la soppressione dei partiti politici" scriveva che i partiti anglosassoni contengono un elemento giocoso nella competizione che ne rivela l’origine aristocratica, mentre i partiti europei sono terribilmente seri, il che ne rivela l’origine plebea. I giacobini inaugurano la gloriosa tradizione per cui la formula vincente è «un partito al potere tutti gli altri in prigione»: i partiti sono «macchine di passione collettiva» che opprimono il pensiero individuale e perpetuano se stesse. Con loro trionfa la menzogna, «una lebbra che si può superare solo con la loro soppressione».

«Nessuna fiducia a un governo dei partiti» sostiene il M5S e,  come disse euforico il cittadino Andrea Cioffi «demoliamo il nostro ego per metterlo al servizio dell’Idea». L’Idea. Favoloso. Chi pensa a sé è fuori dal gioco. Spirito di sacrificio? Altro non è che disciplina di partito e sottomissione ai capi. Questa battuta sarebbe piaciuta a un bolscevico. Simone Weil ci avrebbe visto tracce della «lebbra» descritta sopra. Questa è la contraddizione, come lo è la proiezione utopistica del governo di Gaia che, nel 2054, vedrà il trionfo della Rete nei video animati di Casaleggio. La saggezza unificata mondiale che risolve problemi e non conosce dissensi. Un mondo in cui partiti politici, ideologie e religioni spariscono.

«Quali le conseguenze di questo nuovo tipo di regime rappresentativo in relazione al nostro tema? È possibile una vita politica senza partiti? Come si trasformerà in tal caso la politica?», chiede Olivetti. Risposta: «Il compito dei partiti politici sarà esaurito e la politica avrà un fine quando sarà annullata la distanza tra i mezzi e i fini, quando cioè la struttura dello Stato e della società giungeranno a un’integrazione, a un equilibrio per cui sarà la società e non i partiti a creare lo Stato. Questo è il compito che si è assunto il Movimento Comunità (che fu un movimento politico a tutti gli effetti a partire dal 1953 a livello locale, e dal 1958 a quello nazionale): tracciare una via atta a dimostrare che è possibile uno Stato senza partiti».

Si giunge così a «una nuova idea di sovranità, che si distacca sostanzialmente dagli immortali principi della rivoluzione del 1789 che legava l’idea di sovranità all'idea di suffragio universale». Non a caso è proprio il tema della sovranità, e di come muti in un’epoca in cui i partiti hanno perso la fiducia da parte dei cittadini, a rappresentare il cardine della riflessione di Revelli. In crisi è l’istituto della delega. Il docente di Scienze Politiche, in occasione dei referendum del giugno 2011 su acqua e nucleare, scriveva che sono il segno di una «rivendicazione di ri-appropriazione di ciò che è comune da parte della comunità: dei cittadini che ne rivendicano l’inalienabilità, al di là di ciò che possono decidere i loro rappresentanti politici».

È un «ricupero di sovranità», scrive Revelli, l’indicatore che la sfera pubblica è più ampia di quella politica. Come sancisce la Corte Costituzionale (sentenza 199/2012, 20 luglio 2012) in una «prospettiva di integrazione degli strumenti di democrazia diretta nel sistema di democrazia rappresentativa delineato dal dettato costituzionale». E, per evitare l’esito della volontà popolare sia vanificato (art. 75 Cost.), si afferma l’esistenza di «una sfera di decisione pubblica ‘protetta’ dall'intrusione della stessa rappresentanza parlamentare (dai protagonisti esclusivi della ‘democrazia rappresentativa’) qualora su di essa si fosse manifestata nelle forme costituzionali previste una esplicita ‘volontà popolare’ (del soggetto principe della ‘democrazia diretta’)». Peccato che poi l’esito referendario per il finanziamento ai partiti venga disatteso, e la volontà espressa nelle leggi di iniziativa popolare ignorata.

Olivetti ricorda che il problema, in sostanza, si riduce a un’unica questione: «non chiedete nulla, ma solo e soltanto che l’unica libertà che lo Stato e i partiti vi riconoscono a parole, quella di scegliervi i vostri rappresentanti, non sia una mistificazione. Giacché il mandato politico, nella sua vera essenza, è solo e soltanto un atto di fiducia degli uomini in un uomo». E invita a trovare una via mediana tra la rappresentanza come la conosciamo oggi e la dittatura della maggioranza in tempo reale come quella che vorrebbe Grillo. Revelli situa il tutto nel contesto più ampio di una democrazia «oltre» i partiti, ricordando che «il nesso tra la democrazia e la ‘forma-partito’ così come essa si è struttura nell'ultimo sessantennio non è affatto (…) esclusivo e indissolubile». Se ne discuta, insomma: è tempo.

La soluzione di Olivetti è vaga e terribilmente impregnata della «supremazia della Chiesa nel dominio dei valori spirituali», cui anche il laico dovrebbe volontariamente piegarsi. Ha tuttavia  il pregio di ricordarci che la democrazia rappresentativa è agonizzante e gettarsi nelle braccia della «democrazia istantanea» imbevuta di utopie  non è l’unica soluzione. Quando Grillo e Casaleggio citano il testo di Olivetti nel blog lo fanno per nobilitare la «guerra» ai partiti, ma non si rendono conto che si tratta di una alternativa al loro stesso modello.

Il problema è molto più ampio, bisogna valutare tutte le possibilità una a una, nel dettaglio; è indispensabile prima di ritrovarci con una democrazia tutta nuova, ma peggiore di quella attuale.

Democrazia senza partiti



domenica 29 settembre 2013

Il disegno eversivo dell'ex premier


Trascritto dal profilo Facebook di Ferdinando Imposimato

L'obiettivo di Silvio Berlusconi è preciso ed è di una gravità inaudita: creare una situazione di ingovernabilità con le dimissioni in massa dei parlamentari del PDL, non liberi di decidere, costringere il Capo dello Stato allo scioglimento immediato delle Camere e al voto anticipato per evitare la decadenza del condannato (sentenza pronunziata da giudici indipendenti, garanzia dei cittadini e non privilegio dei magistrati), e provocare la elezione di un nuovo Parlamento in cui, grazie al controllo monopolistico delle TV pubbliche e private, Forza Italia conquisterà la maggioranza assoluta.

Questa non voterà più la sua decadenza da senatore, ma gli garantirà l'immunità e la permanenza in eterno sulla scena politica.

L'obiettivo successivo è lo stravolgimento della Carta con l'attribuzione di maggiori poteri al premier, tra cui la nomina e la revoca dei Ministri e il potere di scioglimento del Parlamento al Capo del Governo sottraendolo al Presidente della Repubblica.

Questi maggiori poteri al premier sarebbero il frutto della riforma devastante dei cosiddetti saggi nominati dal Colle, che sostengono il disegno di Berlusconi.

Ciò che ci salva da questo piano eversivo è il fatto che la Costituzione, per nostra fortuna e contro il disegno dei cosiddetti saggi, prevede ancora, all'art 88, il potere di scioglimento delle Camere al Capo dello Stato, contrario alla scioglimento.

Mentre la riforma voluta dalle larghe intese, sostenute improvvidamente da Eugenio Scalfari e da Repubblica, salvo resipiscenza tardiva di Ezio Mauro, trasferisce il potere di scioglimento al Capo del Governo che potrebbe ridiventare Berlusconi in caso di nuove elezioni.

Ipotesi non remota: da anni viene violato l'art 51 della Carta perché il maggiore interessato alla riforma, l'ex primo ministro condannato a 4 anni, controlla tutte le TV, che sono in grado di influenzare il 75 % della popolazione che non legge il web né i giornali.

La riforma dei cosiddetti saggi, ignota agli italiani, è identica a quella approvata dal Governo di centro destra nel 2003 e bocciata dal referendum popolare nel giugno 2006 .Quella riforma aumentava i poteri del Primo Ministro, (potere di revoca dei ministri e di sciogliere le Camere, che spetta al Capo dello Stato) ed era un attacco all'equilibrio dei poteri.

Da notare che presidenti del Consiglio sono stati, per un trentennio, persone come Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Silvio Berlusconi e Giuliano Amato, che hanno violato le regole della democrazia, o mantenendo rapporti con Cosa Nostra, o guidando organizzazioni illegittime, come Gladio, come accertò la Commissione stragi di Libero Gualtieri, o ispirandosi al presidenzialismo della P2 di Licio Gelli, o stravolgendo il titolo V che fu all'origine del dilagare della corruzione e della burocrazia nelle Regioni.

Lo stesso Presidente Napolitano deve riconoscere che la riforma della Carta, da lui avallata, sarebbe pericolosa, e tornare allo spirito del 2006, quando bocciò la stessa riforma assieme alla stragrande maggioranza del popolo italiano.

Il 25 novembre 2004, il Presidente Giorgio Napolitano ebbe a dire sulla riforma prevista dal ddl 2544, del 17 ottobre 2003: «Si può dire che esistano esigenze di rafforzamento dei poteri del primo Ministro? Il modo in cui da parte della maggioranza che ha vinto le elezioni nel 2001 sono stati esercitati i suoi poteri e il modo in cui li ha esercitati il Presidente del Consiglio ( Berlusconi n.d.a.) ci ha convinto che noi ci eravamo buttati in un'avventura ?» E ammonì: «Non sarà facile la battaglia per il rigetto della riforma costituzionale del centro destra» (G. Napolitano 25 novembre 2004 associazione ex parlamentari).

Il prof Giuliano Vassalli mise in evidenza, nella stessa occasione «l'eccesso sbalorditivo di poteri attribuiti al Presidente del Consiglio, nei confronti della camera dei Deputati i cui membri verrebbero esposti alla minaccia di scioglimento anticipato».

Il Presidente Napolitano oggi non può essere a favore di questa riforma peggiore di quella.

Ignorando che la modifica della legge elettorale dovrebbe essere approvata prima, per avere rappresentanti eletti con voto libero, uguale e personale, non scelti dai segretari dei partiti.

In difesa della democrazia una è la priorità indifferibile, di cui il Governo Letta continua a non parlare, con il silenzio dei soloni che si ergono a difesa della Carta: la legge sul conflitto di interessi, per consentire che «tutti i cittadini, uomini e donne, possano accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza», diritto che oggi non esiste.

Da questa situazione ci salverà il voto del Senato che ratificherà la decadenza con il concorso di M5S, PD e SEL in difesa della democrazia, come è avvenuto nella giunta, al di là delle alleanze di Governo.

[28/09/2013 Ferdinando Imposimato]

sabato 3 agosto 2013

Cicogne a Certosa di Pavia

Nelle campagne di Certosa in questi ultimi giorni sembra che si siano stabilite almeno 8 cicogne. Passeggiando sulle rive delle risaie dove si recano a mangiare ho anche osservato la presenza di tante libellule. La presenza di tutti questi animali e, in modo particolare, di insetti come le libellule raffigurano un rilevatore biologico importante che denotano una discreta qualità dell'ambiente.

Il progetto Cicogna Bianca ha funzionato. Il lavoro di trentanni incomincia a produrre i suoi frutti.
Certosa si trova geograficamente all'interno di un ideale triangolo dove l'ex Centro Cicogne di Cascina Venara a Zerbolò (PV) si congiunge alle Stazioni di Ambientamento della Cicogna bianca di Zibido San Giacomo (MI) e di Castiglione d’Adda (LO), che ne sono i vertici. In questi luoghi da decenni la L.I.P.U. prima e Legambiente poi si sono impegnate per la protezione e la graduale reintroduzione della cicogna bianca. Assistere allo spettacolo di 8 cicogne che banchettano in una risaia dietro casa mia non ha prezzo, tutto il resto è solo stupidità umana di chi vede in un terreno agricolo coltivato solo una possibile speculazione.

P.S. Mentre sto scrivendo questo post mia moglie ha aperto la finestra del soggiorno ed ha scoperto che una libellula stava cercando di entrare in casa nostra... che bella sorpresa!!!

La volpe e la cicogna
La volpe e la cicogna erano buone amiche.
Un tempo si vedevano spesso, e un giorno la volpe invitò a pranzo la cicogna; per farle uno scherzo, le servì della minestra in una scodella poco profonda: la volpe leccava facilmente, ma la cicogna riusciva soltanto a bagnare la punta del lungo becco e dopo pranzo era più affamata di prima.
- Mi dispiace – disse la volpe – La minestra non è di tuo gradimento?
- Oh, non ti preoccupare: spero anzi che vorrai restituirmi la visita e che verrai presto a pranzo da me – rispose la cicogna.
Così fu stabilito il giorno in cui la volpe sarebbe andata a trovare la cicogna.
Sedettero a tavola, mai i cibi erano preparati in vasi dal collo lungo e stretto nei quali la volpe non riusciva ad infilare il muso: tutto ciò che poté fare fu leccare l’esterno del vaso, mentre la cicogna tuffava il becco nel brodo e ne tirava fuori saporitissime rane.
- Non ti piace, cara, ciò che ho preparato?
Fu così che la volpe burlona fu a sua volta presa in giro dalla cicogna.






martedì 2 aprile 2013

Con il fazzolettone senza woggle

Kate Middleton con berretto, giacca a vento e fazzolettone scout, semplicemente annodato al collo, il 22 marzo scorso è andata al campo scout di Lake District a Newby Bridge in Cumbria con altri compagni volontari adulti.

Al campo con il fazzolettone rosso, bianco e blu al collo
Dov'è il woggle, il ferma-fazzolettone? Anche se non c'è non è importante. Quello che conta è esserci. Al quinto mese di gravidanza, aiuta regolarmente un gruppo di scout nel Galles del Nord. E' stata accolta con favore e la sua visita ha lo scopo di aumentare il numero di volontari adulti, sottolineando che non ci vuole un sacco di tempo per essere un volontario.

L'assistente capo degli scout ha detto: "Attualmente abbiamo 35.000 ragazzi in tutto il Regno Unito che non possono partecipare alle attività degli scout perché non abbiamo abbastanza volontari adulti. Quindi apprezziamo il suo sostegno".

Volontaria dell'Associazione Scout Great Tower, Kate ha partecipato ad un campo scout per un corso di formazione. Nonostante il freddo e la neve e la dolce attesa, ha viaggiato in treno da Londra a Lake District.

Leggendo le cronache del DailyMail, ha contribuito ad insegnare ai giovani scout come accendere un fuoco e ha preparato dei dolci cucinati poi sul fuoco da campo.

Kate ha impastato farina, acqua, zucchero e olio per farne un "twist". Dopo la cottura sul fuoco lo ha assaggiato, e un po' sorpresa ha detto: "In realtà non è male. Se fossi affamata, sarebbe buono"

giovedì 7 febbraio 2013

Capolavori nascosti in 3D

C'è chi, pur vivendo a Milano non conosce tutti i monumenti di questa città. Bisogna vincere la pigrizia e trovare un momento per visitare le chiese "minori". Si scoprono così veri e propri tesori nascosti. A pochi metri da Piazza del Duomo, in Via Torino, c'è la chiesa di Santa Maria presso San Satiro.

Questa chiesetta quattrocentesca ha una singolarità. L’abside che si vede è finta: è realizzata in "3D", giocando con l'illusione di una prospettiva. L'opera è attribuita al Bramante, anche se alcuni ritengono che la paternità dell'intero progetto sia da ascrivere all'Amadeo. L'opinione più accreditata è che, una delle più geniali e moderne soluzioni prospettiche del primo Rinascimento, sia stata realizzata dal Bramante.

Il coro che si vede dietro l'altare è solo un'illusione ottica. Sembra che ci sia un grande spazio, un'abside con colonne e decorazioni. In realtà non è così. E' il frutto di una scelta obbligata, causata da vincoli spaziali e preesistenze architettoniche. Il risultato finale è quello che appare entrando. Bisogna arrivare proprio molto vicino all'altare per accorgersi che dietro ad esso c'è poco meno di un metro. Questa finta abside misura 97 centimetri invece dei 9 metri e 70 previsti nel disegno originale.

Tutto accadde perché al momento di costruire la chiesa, la diocesi non ebbe tutti i permessi necessari. Lo spazio era inferiore a quello previsto. Il progetto iniziale avrebbe richiesto una modifica. A questo punto interviene il genio del Bramante che, riportando in scala le stesse misure previste in origine, realizzò questo affresco tridimensionale.

Da un impedimento è stato realizzato un capolavoro.
Informazioni turistiche
Indirizzo : Via Speronari, 3 - 20123 Milano (mappa)
Apertura : da lunedì a venerdì 7:30-11:30 al sabato: 15:30-18:30
Orari SS Messe : sabato 18.00 - domenica 11.00 e 18.00
Visita con ingresso gratuito
Chiesa Santa Maria presso San Satiro (Milano). L'abside.

mercoledì 6 febbraio 2013

La memoria dei Sinti a Pavia

Nella mattinata del 6 febbraio 2013 a Pavia, Rita Prigmore, donna sinta sopravvissuta all’Olocausto, ha incontrato gli studenti dell'Isitituto Cairoli.

Appartenente ad una famiglia di zingari “Sinti” tedeschi, Rita venne prelevata alla nascita dalle autorità del Reich per venire utilizzata all’interno degli infernali programmi di sperimentazione medica ideati dal dott. Mengele. Riuscì a sopravvivere agli esperimenti a differenza della sua sorella gemella Rolanda, che morì. Rita è una delle rare voci di testimonianza dello sterminio degli zingari Rom e Sinti.

mercoledì 23 gennaio 2013

27 gennaio, la Memoria dimenticata

Il 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, è il "Giorno della Memoria".

La Repubblica Italiana vuole così ricordare le leggi razziali fasciste e la persecuzione italiana che ha procurato la deportazione, la prigionia e la morte di tantissime persone innocenti.
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.
Questa poesia di Brecht, secca, pungente, aspra è la trascrizione di quello che disse un intellettuale antifascista: Martin Niemöller, pastore protestante tedesco, a cui è attribuita la paternità di queste frasi.

In quello che scrisse Brecht molto efficace è la visione totale delle persecuzioni perpetrate dal nazismo: inizia con un passaggio sui rom, prosegue con gli ebrei, gli omosessuali e conclude con i comunisti.

Non scordiamoci di uno sterminio forse meno conosciuto: il Porrajmos, quello di Rom e Sinti.

lunedì 14 gennaio 2013

Pavia e Borgarello - il consumo di territorio

Ogni giorno in Italia vengono cementificati decine di ettari di terreno. La Lombardia ha il record di 15 ettari consumati ogni giorno. Questo "sviluppo" capillare è necessario? A me sembra proprio di no, visto anche il gran numero di aree dismesse inutilizzate che ci sono ormai ovunque.

Molta acqua è passata sotto i ponti del Naviglio da quando è iniziato tutto questo bailamme.

La storia del progetto infinito per un centro commerciale risale a poco prima dell'inizio di questo secolo ma la storia forse è più antica. Per chi non avesse memoria - o non ne fosse proprio a conoscenza - può trovare su questo blog alcuni approfondimenti di quello che è successo qui in questi ultimi 12 anni.

Ancora si discute sulle promesse fatte da chi crede in uno sviluppo infinito di centri commerciali e di logistiche? Qualche chiarimento a quello che si legge sulla Provincia Pavese in questo articolo può essere trovato in un articolo che analizza la storia del centro commerciale di Borgarello e anche cercando di capire alcuni problemi legati alla viabilità collegata.

Accade qualcosa a Pavia: