Nato su una collina di Bordighera in una famiglia di anarchici tolstojani, esperantisti e vegetariani e poi, quando aveva cinque anni, si trasferirono a Sanremo dove avevano una grande campagna, che amava con una specie di amore ancestrale.
Un nome o un programma? Quando nacque, il padre, che era un anarchico tolstoiano, stava imparando l'esperanto: da questa lingua prese il suo nome, che significa "assolutamente libero di pensiero, parola e azione".Classe 1925, ha iniziato la sua carriera di giardiniere-intellettuale con Mario Calvino, botanico e padre dello scrittore Italo.
Libereso venne notato da Mario Calvino e invitato giovanissimo a lavorare nella Stazione sperimentale che questi dirigeva a Sanremo. Negli anni cinquanta ha diretto aziende di coltivazione di piante in Meridione, ha fatto il ricercatore in farmacognosia e il capo giardiniere presso l’Università di Londra per dodici anni (anni sessanta).
Ha girato il mondo scoprendo “reti” di piante dove oggi si vorrebbero reti di computer. Oggi è pensionato ma tutt'altro che inattivo: insegna a disegnare le piante ai bambini delle elementari di Sanremo, tiene conferenze sul giardinaggio e la flora spontanea in giro per l’Italia, accudisce una piccola ma affollata terrazza-giardino sotto casa, ispira senza sosta articoli sulle riviste specializzate.
Si definisce “libero pensatore” ma l’eloquio incantatore e una sorta di mai sopita ansia divulgativa lo rivelano meglio. Libereso è allo stesso tempo figura fuori degli schemi e schema di figure, di quelle che hanno i piedi in un passato profondo ma ci proiettano verso i tempi che verranno.
In questo senso ci riporta una tradizione, dà voce al “contadino eterno” di tutte le nostre campagne e di tutte le campagne: l’arguzia dell’autodidatta si mescola alla saggezza del vecchio, l’eredità libertaria è insieme agli almanacchi e ai lunari, in un continuum di tempo e natura.
Per altro verso, Libereso appartiene pienamente alla modernità, si è fatto una solida cultura formale (botanica), ha viaggiato, studiato e abitato all’estero (la moglie è inglese), ha visto la guerra e fatto la Resistenza, è stato uno dei primissimi obiettori di coscienza totali, ha avviato aziende proprie, collabora con riviste e tv.
Nel suo mondo, i personaggi assenti sono molti.Si può partire dal padre, o dai Calvino (non solo Mario e Italo, ma anche Eva Mameli – moglie di Mario, madre di Italo – docente di botanica a Pavia, e Floriano, fratello di Italo, geologo), o dal disegnatore Antonio Rubino, o dal professor Fairbear, o da Pietro Ferrua, importante esponente dell’anarchismo e studioso delle avanguardie artistiche; sennò ancor prima, dal botanico-disegnatore Clarence Bicknell, esperantista passato da Bordighera, o dopo, dai giardini inglesi, dal famoso botanico Bowles e dalla celebre Gertrude Jekyll, pittrice e paesaggista.
Quel che invece è sempre presente, con forza, è la terra. La parola di Libereso la rende protagonista. In primo piano il paesaggio ligure (più che Calvino, viene in mente Biamonti): la Liguria delle ville – e ancora degli inglesi come Hanbury che vi si sono trapiantati –, delle fasce, dei contadini mangiatori di castagne e vegetariani per mancanza d’alternative. Uno spazio tra cielo e mare, ripiegato su se stesso ma dove si sono acclimatati lembi di Cina, di Giappone, di India, di Messico, di Brasile, di Africa.
I colorati doni in forma di piante esotiche che viaggiatori e naviganti portavano a giardinieri curiosi, ma anche i tentativi di impiantare colture commerciali da noi.