google.com, pub-1908550161261587, DIRECT, f08c47fec0942fa0 Pensieri sparsi: Il Canto degli Italiani (2)

giovedì 26 maggio 2011

Il Canto degli Italiani (2)

Il Nabucco è un componimento poetico scritto dal poeta Temistocle Solera che Verdi musicò. La vicenda narra la storia del popolo ebraico e della loro prigionia nell'antico Egitto dei faraoni.

La storia narrata nell'opera, in estrema sintesi, è questa:
Gli Ebrei a Gerusalemme si lamentano per il loro destino perché sono stati sconfitti dal re di Babilonia, Nabucco. Zaccaria, pontefice di Gerusalemme, cerca di risollevare l’umore degli Ebrei.
La figlia del faraone, Fenena, viene catturata e controllata da Ismaele, nipote del re di Gerusalemme.
Lei, però, si innamora di Ismaele e anche lui di lei. Cercano di fuggire insieme. A rovinare il loro piano ci pensa l’altra figlia di Nabucco e anche lei innamorata di Ismaele, Abigaille, che scoprendo la loro fuga minaccia Fenena. Fenena si converte all'ebraismo e, diventata governatrice della città di Gerusalemme, libera tutti gli schiavi ebrei.Abigaille entra con la forza in Gerusalemme con un piccolo esercito.
A questo punto arriva il faraone che riprende la corona e maledice il Dio degli Ebrei.
Appena dice queste parole viene però fulminato e cade a terra.Abigaille prende la corona, si dichiara nuova regina e condanna a morte tutti gli Ebrei.
Nabucco sa che così morirà anche sua figlia Fenena e si converte anche lui all'ebraismo pregando Dio di aiutarlo. 
Una parte dell’esercito quando vede che Nabbuco sta di nuovo bene lo aiuta contro Abigaille.
Nabucco riprende la corona e Abigaille si avvelena chiedendo perdono. Zaccaria predice che Nabucco governerà su tutti i popoli della terra.
L'opera è del 1842 e solo in seguito all'unità d'Italia, gli esponenti del risorgimento e il popolo videro in questo canto i sentimenti in cui identificare la loro ribellione alla dominazione austroungarica.

La famosa aria cantata dal popolo ebraico è una sorta di preghiera che rivolge verso la loro Patria, la famosa terra promessa.

Va, pensiero, sull'ali dorate;

va, ti posa sui clivi, sui colli

ove olezzano tepide e molli
l'aure dolci del suolo natal!
Del Giordano le rive saluta,
di Sionne le torri atterrate.
Oh, mia patria sì bella e perduta!
Oh, membranza sì cara e fatal!
Arpa d'or dei fatidici vati,

perché muta dal salice pendi?

Le memorie nel petto raccendi,
ci favella del tempo che fu!
O simile di Solima ai fati
traggi un suono di crudo lamento,
o t'ispiri il Signore un concento
che ne infonda al patire virtù!
In molte occasioni questa aria è stata proposta come inno nazionale italiano, e c'è chi dice che "se nell'Ottocento lo si cantava a Milano o a Pavia era per invocare l'unità e la libertà della Patria Italiana."

Chi afferma ciò è Lucio Toth che - in Friuli, a nome della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati - rincara e continua affermando che "in fatto di italianità e di venezianità non accettiamo lezioni da nessuno, perché ne siamo maestri. Nelle nostre cerimonie cominciamo sempre con l'Inno di Mameli, e concludiamo sempre i nostri incontri, tristi e lieti, con i nostri figli e nipoti intonando il Và pensiero. Che è rivolto alla nostra Istria, al Quarnaro, alla Dalmazia, quelle sì - conclude - belle e perdute".

Comunque sia e comunque la si possa pensare, resta il fatto che l'Italia, unita da 150 anni, non ha ancora trovato una propria identità vera e "creduta" da tutti.
La dimostrazione è nella realtà che vediamo attorno a noi.

All'atto pratico, nella vita di tutti i giorni, non mi sembra vedere tutto questo attaccamento e dedizione alla nostra patria.

Penso a tutti i miei compatrioti (si diceva così, una volta) che lavorano "duramente" e che "onestamente" evadono le tasse o eludono il fisco. E' da queste cose che si vede quanto questo "popolo italico" ami la propria patria.

E' in queste dimostrazioni di "affetto" al proprio personale tornaconto che essi dimostrano di non fregarsene nulla del "bene comune" per i propri connazionali.

Anche per questo è importante imparare a cantare in coro, tutti insieme, l'inno della nazione italiana.


E' per questo che serve ancora ribadire sui banchi di scuola questi concetti.

Forse un giorno saremo una nazione veramente unita da un ideale comune, non lo so, ma io ci credo ancora.
Certosa, gli studenti sul palcoscenico per ricordare i 150 anni dell’Unità d’Italia
Uno spettacolo degli studenti delle scuole primaria e secondaria di primo grado per ricordare il 150º anniversario dell’Unità d’Italia. L’appuntamento è giovedì sera, alle ore 21,30, negli spazi dell’oratorio.
Negli spazi dell’oratorio verrà messa in scena «Va pensiero», rappresentazione che nasce dalla collaborazione dell’assessorato all'istruzione con l’istituto didattico comprensivo di Certosa. La manifestazione culturale si inserisce in un più ampio progetto, voluto dall'Amministrazione comunale guidata dal sindaco Corrado Petrini, per coinvolgere sempre più i giovani nella vita del territorio. «E’ questo l’obiettivo con cui qualche anno fa è nato il consiglio comunale dei ragazzi - spiega l’assessore Maria Vittoria Sereni - è costituito da studenti che, non solo vogliono conoscere meglio i meccanismi della pubblica amministrazione, ma intendono anche partecipare in veste di protagonisti a manifestazioni ed eventi organizzati dal Comune».
A partecipare allo spettacolo, organizzato grazie all'aiuto degli insegnanti, saranno gli alunni delle quinte classi della scuola elementare. Con loro ci saranno anche gli studenti delle scuole medie di Certosa.
Stefania Prato

dalla Provincia Pavese del 24 maggio 2011