lunedì 26 luglio 2010

Il Contesto di Leonardo Sciascia

Pubblicato nel 1971, ma scritto da Sciascia due anni prima, nel 1969.
Nel finale ci confida "che ho cominciato a scrivere con divertimento, e l'ho finita che non mi divertivo più".

Quando Leonardo Sciascia scrisse "Il contesto" volle raccontare di un paese immaginario, un'Italia al di là del bene e del male, in cui non c'erano più differenze tra destra e sinistra, tra governo e opposizione, ma soltanto parti in commedia, maschere, travestimenti, e non gli fu perdonato. Era difficile, del resto, perdonargli Il contesto, dove un poliziotto, Rogas, incaricato d'indagare sulla morte di alcuni giudici ammazzati a revolverate da un misterioso killer, scopre quasi subito che l'assassino è un uomo che quei magistrati avevano ingiustamente condannato.
Tornato da qualche tempo in libertà, costui è deciso a eliminare tutti i giudici che, un grado di giudizio dopo l'altro, indifferenti e spietati, in nome d'una giustizia da cannibali, hanno provocato la sua rovina. Rogas, che ha letto con attenzione le carte processuali, prova simpatia per l'assassino, anzi ascolta con piacere la voce della sua rivoltella, al punto che gli lascia mano libera quando il killer s'appresta ad uccidere anche il presidente della Corte Suprema, un grande inquisitore per metà Orwell e per metà Dostoevskij. Costui si dice convinto che "la giustizia siede su un perenne stato di pericolo, su un perenne stato di guerra" e che "non ci sono più responsabilità individuali" ma una moltitudine di colpevoli, "puniti nel numero, giudicati dalla sorte". Ma i politici al governo di questo paese immaginario - un'Italia che sta per entrare nel turbine del terrorismo e dell'antiterrorismo, della mafia e dell'antimafia, dei fermi di polizia e delle "leggi speciali" - non sanno che farsene d'un vendicatore. A loro serve un nemico spendibile politicamente, per esempio un gruppuscolo armato d'estrema sinistra. Non importa se un tale gruppuscolo non esiste. Essi lo susciteranno dal nulla, dopo aver liquidato Rogas, con la complicità del Partito rivoluzionario internazionale, che lascia fare e sacrifica a questo progetto persino il proprio leader.

Anni dopo gli verrà riconosciuto un "certo spirito profetico" - tra una scomunica giornalistica e l'altra - e Sciascia scuoterà la testa. Era già tutto evidente, dirà.
Il romanzo e' scomodo e politicamente molto scorretto, "mette in discussione le sentenze dei tribunali". E' un'opera civile che chiama i giudici a rispondere non solo degli errori, ma anche della loro stessa esistenza e che chiede ai politici di vergognarsi delle proprie astuzie.
Nel 1971 l'Italia era saldamente in mano alla Dc, le Brigate rosse erano ancora nel mondo della luna, Lucio Battisti guidava tutte le hit parade, il compromesso storico non aveva ancora sostituito il materialismo storico, al cinema trionfava "Giù la testa" di Sergio Leone e di mafia si parlava poco, anzi niente, giusto nei romanzi di Sciascia e nel Padrino di Coppola. Erano appena trascorse le "lotte studentesche" e la strage di Piazza Fontana era ancora una fresca ferita. Si pensava che il Sessantotto e l'Antisessantotto avessero esaurito la loro spinta propulsiva, come la rivoluzione d'ottobre secondo Berlinguer.
Sciascia spiegò con le sue metafore che non era così e che il gran ballo era anzi appena cominciato. "Il contesto" e' uno strano romanzo giallo/poliziesco ambientato "in un paese immaginario", con un partito confessionale al potere e un Partito rivoluzionario internazionale all'opposizione.
Cerco' di spiegare (a chi non lo voleva o non lo poteva ascoltare) qual era la realtà: l'amministrazione della giustizia era da una parte mentre l'irresponsabilità dei politici era da un'altra parte.
Questa parabola non piacque a nessuno, non al partito confessionale al potere in Italia (la DC), tantomeno al partito di lotta e di governo all'opposizione (il PCI).
Con questo scritto, a cui seguirono nel giro di pochi anni "Todo modo" e il pamphlet sulla morte di Moro, Sciascia inizio' a perdere d'un tratto quasi tutti i suoi tifosi istituzionali, in particolare i suoi sponsor di sinistra, tra i quali uno dei primi fu Eugenio Scalfari.

Chiunque avesse letto qualche romanzo giallo e avesse usato il buon senso al posto della demagogia avrebbe capito che cosa si stava preparando e in quale direzione si stavano muovendo gli eventi.