venerdì 6 agosto 2010

perchè in provincia di Pavia non bisogna sottovalutare l'ndrangheta

Il recente articolo è la conferma che non è accettabile sottovalutare gli episodi messi in luce dalle recenti indagini sul fenomeno ’ndrangheta emerso a Pavia.
Le perplessità di molti sull'opportunità o meno di affrontare a viso aperto la questione è quanto meno irresponsabile.
Il problema non va assolutamente sottovalutato ed è necessario riflettere bene che, come scrive la Provincia, molti episodi all’epoca “isolati” assumono una luce nuova e sinistra.


Ndrangheta, scuola di guerra
la Provincia Pavese - 03 agosto 2010 - pagina 23 - sezione: CRONACA
VOGHERA
Vecchi capannoni per gli addestramenti Mout (military operations on urban terrain - operazioni militari in ambito urbano) e boschi dell’Oltrepo per esercitarsi alla guerriglia.
Lo scorso mese di novembre, in occasione di un’operazione disposta dai giudici di Catanzaro che portò anche a tre arresti a Borgarello, emerse che una cosca della ’ndrangheta aveva inviato un esponente di spicco ad apprendere i rudimenti della guerriglia in provincia di Pavia.
Pasquale Manfredi, 33 anni, nato a Isola Capo Rizzuto e ritenuto esponente del clan Nicoscia, si “infiltrò” in una associazione pavese che pratica il softair, ossia un hobby-simulazione della guerra nella quale si impiegano armi elettriche o ad aria compressa caricate con pallini di plastica.
Il dettaglio emerge da una conversazione tra Nicola Lentini e Michele Pugliese, intercettata dagli investigatori a bordo della Mercedes di quest’ultimo. Nella registrazione, Michele Pugliese dice all’altro che “Pasqualeddu” (il nome di Pasquale Manfredi) «ha fatto la scuola di guerra...ha provato le cartucce...ha fatto 14 mesi...si buttava con le corde dalle rocce (incomprensibile)...con il paracadute....a Pasqualeddu l’ha mandato a impararsi...(inc)...un corso, pagavano ogni mese...al tiro a segno...ha fatto una scuola a Pavia...però Pasquale...non lo ha detto mai a nessuno solo a un amico...(inc)...ha detto mi devi mandare a Gino».
L’intercettazione va contestualizzata.
Il riferimento alle “cartucce” e al “paracadute” non riguarda senza dubbio l’associazione di softair, considerato che nella guerra simulata non vengono impiegate armi vere, nè tantomeno si effettuano lanci dagli aerei.
Però, a riscontro di quanto riferito da Pugliese a Lentini, la squadra mobile individuò effettivamente una associazione che poteva avere avuto tra i propri iscritti, naturalmente a sua insaputa, l’esponente della ’ndrangheta.
E’ probabile che Manfredi abbia frequentato i corsi di addestramento più per imparare le tattiche dei combattimenti che l’impiego delle armi da fuoco. Del resto, stando a quanto scrivono i giudici, le persone coinvolte nell’indagine avevano già una buona dimestichezza con le armi.
Tanto che, in una delle intercettazioni, si fa riferimento a un “bazookista”, ossia a persona esperta nell’utilizzo del bazooka, proprio l’arma con la quale, nell’ottobre 2004, venne commesso l’omicidio di Carmine Arena a Isola Capo Rizzuto.
L’intercettazione è l’ennesima riprova, qualora ve ne fosse ancora bisogno, della presenza della ’ndrangheta sul territorio della provincia di Pavia e, in particolare, in Oltrepo.
Alla luce delle indagini condotte dalla Dda di Milano, del resto, molti episodi all’epoca “isolati” assumono una luce nuova e sinistra.
Ad esempio, il ritrovamento, avvenuto nel marzo 2009, di cinque panetti di esplosivo da cantiere che erano stati nascosti nel cassone di un camion abbandonato su un viottolo sterrato, lungo la strada che porta da Voghera a Retorbido. (f.m.)